Siegerschau Aachen 2008.

Impressioni e considerazioni in ordine sparso.

Ho visto la mia prima Siegerschau nel 1993, a Dortmund. A 15 anni di distanza, questa Siegerschau di Aachen mi ha lasciato l'amara sensazione di chi, innamoratasi del pastore tedesco proprio assistendo al più importante appuntamento mondiale, si ritrovi ad osservare uno spettacolo in cui allo stupore e all'ammirazione per la magnificenza di una splendida razza, si è sostituita la sensazione di assistere ad una immane macchina da show business, dove il cane prima e il pastore tedesco poi hanno smesso di essere centrali. Certo è cambiata, e di molto, la mia prospettiva di osservazione che non è certo più quella di una neofita, estasiata dall'espressione di Fanto Hirschel in testa al suo gruppo di riproduzione, dalla rimonta di Bertha's Oline, dal trotto di Finni Wildsteiger Land o dalla classe di Karla Wiesenborn. Però, sino a qualche anno fa, pur con tutto il disincanto da "addetto ai lavori" riuscivo ancora ad emozionarmi. Oggi le emozioni alla Bundessiegerhaupzuchtschau sono sempre meno. Detta al maschile è un po' come avere ammirato una splendida fanciulla e ritrovarla dopo un po' di anni invece che una donna con i segni del tempo sul volto ma ancora bellissima, una caricatura di se stessa che ha fatto ampio ricorso al bisturi del chirurgo plastico.

La situazione del pastore tedesco mondiale è un volto innaturalmente senza rughe che non riesce più a sorridere.

Ho scritto nell'editoriale dell'innalzamento dei livelli di atrazina per quanto riguarda il carattere. Lo stesso discorso lo si può fare per gli stadi (quest'anno invero un ippodromo): per mascherare il progressivo diminuire degli spettatori si scelgono luoghi con minori posti a sedere (ma gli spalti vuoti erano davvero molti....finita l'epoca in cui un volontario del gruppo si sacrificava, non assistendo alla fine delle classi minori, per correre nello stadio a prendere dei buoni posti) Quest'anno poi anche il ring si è ridotto e la possibilità data al chiamatore di entrare restando praticamente a fianco al proprio cane, ha reso le magnifiche classi lavoro, dove lo stadio amplificava la bellezza del movimento del pastore tedesco, simili a raduni sezionali. Un profluvio di palloni, richiami di tutti i genere per attrarre l'attenzione ...il tutto restando vicinissimi al cane. Anche in questo caso un innalzamento dei limiti dell'atrazina. Ad un progressivo peggioramento della costruzione dei nostri cani, sempre più "da show" e sempre meno funzionali, ha fatto seguito un cambiamento delle modalità della gara stessa.

La sensazione è che faremmo meglio a non considerare le società specializzate delle associazioni per la tutela della razza, ma delle vere e proprie società sportive, dove la finalità è solo ottenere il risultato, la vittoria, il piazzamento di prestigio. Quando il fine è il risultato, il cane diviene inevitabilmente ed inesorabilmente un mezzo e il rischio, concreto, è quello di dimenticarsi di averne rispetto come essere vivente. Così vediamo maschi che aumentano la loro massa muscolare in tempi brevissimi e sospetti vista la giovane età, collari ad hoc per far stare un cane che dovrebbe utilizzare in movimento il collo come bilanciere (leggi: protrarsi in avanti) con la testa alta. Non parlo del collare con l'archetto, ma di veri e propri collari con una sorta di punte coperte da gommini -comunque estraibili- ( clicca qui per vedere la foto), vuoi di collari con punte vere e proprie nascoste sotto piattine di ferro costruite artigianalmente). Tutto per il risultato. Risultato per ottenere il quale, scrisse una volta un saggio non incolpevole: "occorre prima il cane, ma poi anche il resto" , intendendo con "il resto" un'oculata gestione, ottimale preparazione, presentazione, attenzione alla politica. Oggi direi che si è arrivati persino a far divenire un accessorio quella che un tempo era "conditio sine qua non": il cane. L' impressione che si ricava è quella di un grande mercato che, per reggere, nasconde tra i cani di valore (e con "il resto", come un tempo) i soggetti da "piazzamento per concussione" e riduce sempre di più gli insegnamenti cinofili santificando l'equazione: risultato ottenuto=bel cane. Meno persone sono in grado di distinguere il "bel cane" sempre più sarà la possibilità, per i giudici e gli allevatori di peso, di vendere il risultato spacciandolo come valore reale. La cosa curiosa di questa situazione è che, a fronte di una riconosciuta non attendibilità assoluta del risultato alla Siegerschau, si invoca poi il rispetto di tali risultati. Curiosa contraddizione ma sentita più volte ad Aachen ("senza conoscenze, accordi o disponibilità economiche non è più possibile fare un risultato" e insieme, dalle stesse persone: "il giudice del campionato italiano deve tenere conto del piazzamento ottenuto alla Siegerschau ".....)

Il risultato (anche quello ottenuto più con "il resto" che con il cane) diviene anche il metro di valutazione della grandezza di chi lo ottiene. Oggi i grandi allevatori e preparatori, guardati con ammirazione, spesso sono più quelli che meglio sono riusciti ad integrarsi nel mondo dello show business, che non i reali conoscitori ed amanti della razza. Anche perchè amare la razza significa, in qualche caso, dover rinunciare a cani che ci porterebbero risultati. Ma l'etica, nell'attuale mondo del pastore tedesco, è come un vecchio antifascista che abbia combattuto tra i partigiani: va bene per le commemorazioni di rito, ma che non ricordi a nessuno per cosa ha combattutto e, soprattutto, che non continui a combattere.

Questo detto da chi si è comunque commossa alla proclamazione dell'allevamento degli Achei come terzo gruppo di allevamento al mondo. Un riconoscimento che mi è piaciuto considerare, oltre che un risultato del singolo allevatore, un ideale premio a Napoli e a tutti gli allevatori ed espositori del Sud, alla loro passione e ai loro sacrifici.

Però continuo a pensare, che i veri grandi del pastore tedesco restino personaggi (citandone due agli antipodi geografici ) come Claudio Cutroneo, un "allevatore ombra" (nel senso che non ha un suo affisso) che conosce perfettamente il mondo del lavoro, sa preparsi un cane ai brevetti ed è alla quinta generazione di sue cagne con Patty dei Cimmeri o come Gilberto Rossi (altro allevatore ombra) che lavora facendo grande attenzione alla displasia e che aveva intuito la potenzialità riproduttive di Esko e di Baru un bel po' di anni fa. Il problema è che nessuno di loro (o di altri come loro) pensa di essere un grande e quel che è peggio, si rapporta ai "grandi" con una reverenza che non avrebbe alcuna ragione di avere.

Continuo a pensare che il risultato più bello di questa Siegerschau di Aachen sia stato quello di Freja dell'Alpe Adria, cagna che vive (nel senso proprio di condividere una vita di famiglia) con i suoi proprietari Paolo Spaccini e Martina Vidulich (facciamo nomi e cognomi che li meritano). Un risultato ottenuto con una oculata gestione, reso possibile dall'aiuto disinteressato del Responsabile Regionale dell'Allevamento Eligio Bozieglav (che ha fatto quello che un vero responsabile dovrebbe fare: insegnare -ed aiutare personalmente- ad allenare chi ha un soggetto valido per consentirgli di ottenere il massimo risultato possibile...il tutto senza chiedere nulla in cambio) e da un ottima gara dell'allevatore Rino Maestroni che ha condotto Freja in modo ineccepibile, davvero guadagnandosi lo stadio (cioè entrando nelle venti -19esimo- con una partenza al 22esimo posto). Un risultato che idealmente premia il Friuli Venezia Giulia una piccola (ma grande cinofilmente parlando) regione di lavoristi e di appassionati veri.

Daniela Dondero.