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Gli articoli di Oronzo Giangreco.

sas-enciENCI-SAS: un amore impossibile.

Ventidue anni orsono, impossibilitato a conciliare il mio lavoro di bancario con i quotidiani allenamenti richiesti ad un calciatore, mi aggiravo pensoso e, in vero, un po’ depresso fra riviste di varia natura che trovavo puntualmente e in bella mostra dal mio barbiere di fiducia. Strano a dirsi, allora avevo i capelli e frequentavo il “salone” settimanalmente, un po’ per vezzo, un po’ per “cultura”.
Ho sempre ritenuto che la quotidiana lettura del giornale, unita alla mezz’ora di frequentazione del’amico coiffeur, potessero di per se’ essere sufficienti ad una approfondita conoscenza delle problematiche locali; insomma, bastava passare dal tuo figaro per apprendere in tempo reale le notizie di cronaca piu’ disparata, oltre ovviamente ai “buoni costumi”della gente del luogo.
Sul tavolino, in bella mostra, una rivista ENCI con tanto di testa di pastore tedesco in copertina. Scorrendo il calendario delle gare,guarda caso(il fato e’ sempre in agguato), mi soffermo su una manifestazione. E ‘ la domenica successiva ed e’ proprio in “casa mia” .
Arrivato il giorno mi abbiglio con tuta e scarpette e mi reco al campo sportivo della mia citta’.
E’ tutto un brulicare di gente e di cani,di nastri e di stand. Nell’aria il tipico fermento delle fiere campionarie.
Dopo aver girato a lungo fra i quadrati circoscritti da corde dal terrifico e gladiatorio nome di “ring”, proprio non mi capacito dell’assenza del mio amato “Rin Tin Tin”. Chiedo in giro e gli organizzatori, tra il piccato e il distratto , mi rimandano ad una signora di mezz’eta’ alquanto bruttina, acida e nervosa che agiva nella carica di PLENIPOTENZIARIO “delegato Enci”.
Mi fa’:”lei, vuole il ring dei pastori tedeschi?
Rispondo:"Sì". Lei, di rimando: ”ma e’ proprio necessario?"
La guardo: "be’ giro da un bel po’ di tempo, ci terrei" .
E lei ANCORA: "ma guardi quanti bei cani,perche’ proprio quelli?- la guardo perplesso ed anche un po’ incazzato- Ma se lei lo ritiene necessario……"
La guardo minaccioso: "impellente,e’ questione di vita o di morte!!!" “
"Lo sente questo rumore assordante alle spalle dello stadio? -mi dice rassegnata- i pazzi sono li’. Di solito li mettiamo in disparte; e’ una questione di immagine. Gridano, strombazzano, corrono, urlano e, a sentir loro, “chiamano” i cani; come se quelli poi potessero sentirli. Guardi qui, invece, che ordine, che eleganza: tutti in giacca e cravatta e in religioso silenzio."
"Oh mamma mia...,in giacca e cravatta dal lunedi’ al venerdi’...alla domenica noooo, non si puo’!!!!!" Sara’ bastato un nooo e cinque punti esclamativi per rendere l’idea? La lasciai con l’ultima frase in gola e scappando mi parve di sentire: ”E’ uno di loro”.
Superato “il muro di berlino” mi si presento’ subito un altro mondo con gente che correva e si affannava e altri che gioivano neanche avessero vinto una finale di champions; il ring era una pista di gara ed i cani dovevano faticare non poco per girarlo tutto. Insomma, venivo dallo sport e quel modo di esporre era quello che piu’ si avvicinava al mondo da cui provenivo. Rimanendo al centro perfetto del muro che separava i due mondi, ebbi modo di paragonarli in diretta e la scelta fu’ rapida , veloce e per la vita: da una parte il lento ed elegante sfilare all’anglosassone, con handler in abito da sera e mimiche equivocabili, dall’altro l’ allegro incedere “brasilero” con grida e corse frenetiche, agitando tutto il possibile. Per la cronaca la gara, nonostante la giovanissima eta’, fu vinta da una certa Wenke del Gupo, che in seguito avrebbe dato i natali ad Arek dell’isolotto e il giudice era Gino Mantellini. Come tutti gli “amori a prima vista”, quel modello espositivo, cosi’ ricco di passionalita’ e al tempo stesso scevro dall’inutile formalismo d’etichetta che mal si attaglia all’aspetto hobbistico e che e’ tipico delle manifestazioni ENCI, scavo’ un solco profondo nella mia mente ed ancora oggi quelle gare sono, per me, terra di confine: se posso le evito.
Il resto lo ha fatto un certo tratto un po’ donchisciottesco che mi caratterizza; ho sempre notato, nel mondo ENCI, una malcelata volonta’ di emarginazione nei confronti di noi pastoristi: non ci amano, non ci sopportano e, soprattutto, mal digeriscono il fatto che il nostro cane, in barba alle mode, all’ostracismo generalizzato e all’ostruzionismo imperante (un nostro pastore tedesco, seppur campione del mondo e con addosso un processo selettivo praticamente sconosciuto alle altre razze, difficilmente supera gli spareggi preliminari) e’ comunque il piu’ amato del pianeta.
Mi consolo dicendo, al pari del nostro beneamato premier Silvio,sempre sia lodato, che l’invidia e’ un sentimento che non Ci appartiene,e soprattutto fa’ male a chi ce l’ha. Del resto, come sappiamo tutti, l’invidia e’ la piu’ sincera forma di ammirazione.
Ma quel che proprio difficile mandar giu’ e’ l’assurdo formalismo delle manifestazioni Enci, all’interno delle quali e’ facile rimaner fuori dalla gara per una data di nascita trascritta male o per un tatuaggio di difficile interpretazione; e che a nessuno venga in mente di richiedere l’intervento del delegato Enci, perche’ allora , per dirlo alla “er monnezza”, sono uccelli senza zucchero.
Il delegato e’ l’unto del signore, il depositario coranico della legge suprema, conoscitore profondo di articoli e regolamenti il cui “no” ha una valenza uguale o addirittura superiore alle sentenze della Cassazione. Comunque lo si prenda, dopo un ”no” non si passa; che si arrivi dalla Cornovaglia o che si abbia la moglie in macchina che si appresta a partorire nulla modifica la “decisione iniziale”.
Questo rigido formalismo pervade tutto il mondo del nostro organismo nazionale e, ultimamente, con le societa’ cresciute a dismisura e con numeri che non sono certamente quelli degli esordi, ne compromette lo stesso funzionamento. Per dirne una, mi sono visto tornare indietro una pratica di denuncia di cucciolata perche’ il mio codice fiscale mancava di una lettera e questo tralasciando il fatto che effettuo denuncie da circa vent’anni e che, come titolare di affisso, ho comunque una mia anagrafica. Ma tant’e.
QUESTO grande organismo nazionale, nato circa centoventi anni orsono per il volere di alcuni nobili dell’epoca, tali Conte Borromeo e Principe Emilio Belgioioso, con lo scopo di valorizzare le razze canine pure, abbisogna oggi di una radicale rivisitazione di ruoli, regolamenti e organici al fine di adeguarsi alle nuove e mutate esigenze dei giorni nostri, ove il socio richiede sempre nuovi e moderni servizi e le societa’ specializzate, i cui numeri di associati sono cresciuti nel tempo a dismisura, rivendicano e a ragione una sempre crescente autonomia.
E' probabilmente quest’ultima soluzione, quella delle autonomie , la strada da percorrerre, almeno per quelle societa’ come la nostra che hanno gia’ all’interno una precisa e strutturata organizzazione e che necessitano, per continuare a vivere, di disporre di nuovi spazi.
Insomma, un governo federale sotto l’egida dell’Enci, con piena autonomia per le societa’ specializzate piu’ evolute.
Qualche domenica fa’, trascinato dalle telefonate dell’amico Macina, una di quelle persone alle quali mi riesce difficile dire di no, mi recai in quel di Bari per partecipare all’annuale appuntamento del nazionale Enci. L’atmosfera e’ la solita e le facce le stesse, solo tristemente invecchiate. Cambiano le mode, con conduttori abbigliati in tal maniera che ti viene spontaneo guardar loro piu’ che i cani ,e i cani sempre piu’ viziati e vezzeggiati con pizzi, belletti e giocattoli in gomma. Il tavolo per la toilette,le forbici e la lacca,il vaporizzatore e l’asciugacapelli, il borotalco e l’acqua di colonia e, per terra, l’immancabile copertina per preservarli da chissa’ che cosa.
In lontananza una curva “vecchina” dall’aspetto truce e battagliero. SI,era lei: la PLENIPOTENZIARIA Delegata Enci che si aggirava fra i ring con fare dispotico e ciarliero,impartendo ordini e citando sentenze.
Mi avvicino e domando: "Scusi, il ring dei pastori Tedeschi?"
Mi scruta e risponde con una domanda:”ma e’ proprio necessario?"
Le sfioro la faccia affettuosamente e le dico: ”Sono uno di loro”.
Mi guarda ammansita e proclama:”E cosa crede che non si vede”. Sorride come se ricordasse e mi indica la strada.
Li vedo in lontananza, nascosti come al solito e chiusi nel nostro mondo. Guardo i nostri cani, attaccati al paletto, senza giocattoli, lacche e belletti e figuriamoci la copertina. Sono vivi, vigili e fieri e stanotte probabilmente avranno per tetto un cielo di stelle.

Che la vita ci sorrida

Oronzo Giangreco, 29 ottobre 2010

Nelle immagini Esposizioni ENCI e Raduni SAS a confronto: enci

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